Sentiero di Campagneda  

 


POSTAZIONI N°:
1 - 1b - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7
 

POSTAZIONE 1 - Dosso ove è la croce di Palù di Caspoggio
Negli immediati dintorni verso sinistra (NE) vi sono spettacolari rocce montonate, intervallate in gran parte da larici, che si alzano per centinaia di metri sino alle pendici del M.Spondascia. A E si vede bene la sella del P.so di Campagneda. La visione ad O è di eccezionale interesse, l’allineamento Sasso Nero - Roggione - Monte Motta, poi il M. Braccia le Valli Sassersa e Giumellino e in ultimo piano il Disgrazia, che domina incontrastato il paesaggio. Diversa litologicamente l’amplissima doppia sella in mezzo alla quale sta il Roggione: serpentine al Sasso Nero, rocce di tipo metamorfico per il Roggione, di nuovo serpentine al M. Motta. Tipica la VaI Giumellino completamente ricoperta di sfasciume con tracce di morene dell’ultima glaciazione recente nella parte superiore; ben visibile a destra della Val Giumellino il ghiacciaio di Sassersa. Infine sì possono osservare le forme piuttosto ardite cui dà origine in qualche caso il serpentino nel gruppo Duca-M.Braccia. Si prosegue verso lo Stallone incontrando palustri, qualche tratto di cuscinetti erbosi, piccole gole scavate dai torrenti, rocce montonate.

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VARIANTE 1b
Si transita dal caratteristico edificio del rifugio Zoia, eretto negli anni '30 dal CAI Milano, proseguendo in erta salita in un fitto bosco di Mughi. Giunti sotto alte pareti di serpentina profondamente alterata, si piega a destra per portarsi alla base della cresta OSO del M.Spondascia. Qui è il punto di osservazione 1a: sul terreno è possibile rinvenire resti di fonderia. Infatti, in questa zona era uno dei numerosi forni che, utilizzando minerali ferrosi inclusi nelle serpentine, producevano, grazie al tiraggio forzato di aria, un ferro di qualità piuttosto scadente, che veniva poi lavorato nei magli e nelle forge locali.

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POSTAZIONE 2 - Sopra il nuovo rifugio, non lontano dallo "stallone"
Si trova lungo la morena principale lasciata da uno dei due grandi bracci del gh. dello Scalino. Alla base dei dossi morenici inverditi vi è tutta una serie di palustri (sulle carte segnati ancora laghetti) formati man mano che le morene lasciavano dei cordoni locali. L’orizzonte si è molto ampliato: a lunga distanza sono apparsi i Corni Bruciati, parte della costiera che va verso il M. Caldenno; di fronte tutto il massiccio serpentinoso lato Disgrazia. Interessante la vista dietro il Roggione e il Bochel del Torno: il P.so del Forno, la C. di Val Bona, tutto il gh. del Piatté di Vazzeda. La C. di Vazzeda, la C dei Rossi e ancora sino al Sissone. Tra il Sasso Nero e la Punta delle Forbici si intuisce la profonda frattura del vallone dello Scerscen, dietro la quale spuntano la Sassa d’Entova, il P.zo Malenco e la P.zo Tremoggia. Ben visibile il P.so della Tempesta che di qui appare come un collegamento diretto abbastanza logico con le baite di VaI Poschiavina. Si comprende, valutando la differenza di colore, come il P.so di Campagneda sia un limite geologico ben preciso tra la falda delle ofioliti, a sinistra-N, e le altre rocce di tipo metamorfico (micascisti, gneiss ecc.) a destra. Si vedono completamente lo Scalino e tutta la costiera sino al Palino. Da notare ancora il P.so degli Ometti, unico vero collegamento da queste zone con il resto della Valtellina. La vegetazione è costituita da boschetti di larici. Verso lo Scalino sottobosco di ginepri e costiere di rododendri; la costa dello Spondascia è colorata dal verde cupo dei pini mughi. Risalendo una pista ci si ritrova su un dosso intorno a quota 2280 quasi a livello di uno spettacolare palustro ormai in parte trasformato in distesa torbosa.

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POSTAZIONE 3 - Quota 2300, all'altezza del Lago isolato
Un esempio da manuale di morfologia glaciale con due cordoni morenici più o meno saldati ed un laghetto intermedio. La parte più alta della morena destra, infatti, si spezza in due rami, tra i quali giace il lago intermorenico di quota 2280. Si vede bene che il filone principale ha avuto origine da uno spuntone roccioso. Il cordone secondario ha poi racchiuso, assieme al cordone dall’altro lato del bacino del Piano di Campagneda, un grande palustro che da qui appare particolarmente suggestivo rigato da argentei torrentelli e da rarissime tracce di passaggio.

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POSTAZIONE 4 - Quota 2270 sopra il lago quota 2233, alla base del canale che sale al passo di Campagneda
Buon punto di osservazione vicina: lago piuttosto ampio di escavazione glaciale tra rocce in posto; sulla destra idrografica si vede molto bene una serie di dossi di serpentino montonati da’ ghiacci. Tutta l’acqua che scende dal passo si scarica verso Campagneda attraverso questa valle isolata di impostazione tettonica a ridosso dello Spondascia che corrisponde al limite tra le serpentine e le rocce scistose. Curioso sul lago un piccolissimo ben strutturato delta del torrente che scende dal passo, che tende a tagliare in due il golfo. Il pendio diventa bruscamente assai più ripido, il sentiero comincia a salire a curve e siamo chiaramente in presenza di un gradino originatosi molto prima dell’era glaciale quando probabilmente questi erano degli antichi fondovalle. Intorno al laghetto rododendri intercalati a moltissimi mirtilli.. Lungo il sentiero dell’Alta Via parecchi esemplari di Armeria alpina, di Salice nano e di Cardi spinosissimi. Frequenti tracce e fatte di camoscio Nel primo tratto di ripida salita si nota che, nonostante l’antica copertura glaciale, si è in presenza di una morfologia dovuta quasi esclusivamente all’erosione fluviale, alla tettonica e a fattori termici: i grandi blocchi che ricordano morene non sono altro che il risultato delle diaclasi da gelo e disgelo. Intorno tappeti di Azalea nana e di licheni multicolori; nei palustri piumette di erioforo.

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POSTAZIONE 5 - Quota 2500, sopra l'ultimo lago prima del passo (2490)
Il limite tra serpentine e scisti è complicato poiché siamo in una zona di contatto; di massima il passo è il punto di contatto tra le due formazioni. Questi due laghi sono interessanti perché chiaramente di esarazione glaciale; prima il vallone era privo di evidenti tracce glaciali qui invece le rocce sono nettamente lisciate dai ghiacci. Proseguendo al dosso 2570, verso il passo, siamo ancora in zone di serpentine ma frammiste ad altre specie litologiche. Al dosso visione completa del circo sottostante; si vede anche il lungo lago, quasi un piccolo fiordo.

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POSTAZIONE 6 - Quota 2640, pianori del passo
Il P.so di Campagneda, molto lavorato dai ghiacci quaternari, non è ben chiaro e la linea spartiacque molto mal definita. Inoltre qui si incrociano tre aree idrografiche: verso Campagneda, verso VaI Poschiavina e verso Poschiavo e dunque il passo è in realtà una spianata lunga qualche centinaio di m. Noi siamo saliti lungo la linea tra serpentinee rocce micascintose che conduce per una valletta pianeggiante, con esempi di lastricati rivali, a una sorta di dosso; pochi m. a destra è un grande ometto. Sulla destra guardando verso valle il complesso Scerscen, Àrgient, Zupò, Bcllavista, Palù; spostandosi di pochi m sul lato opposto ci si affaccia alla Val Poschiavina e alla VaI Poschiavo: sotto ci sono i laghi intermorenici, detti della Poschiavina (qui si vede molto bene la morena lasciata dal ghiacciaio dello Scalino in epoca Napoleonica). Ben definita la lingua del ghiacciaio dello Scalino con una netta serie di morene. All’orizzonte spunta l’Adamello, sulla sinistra il Gran Zebrù e ancora più a sinistra la pala nevosa della C. Viola. Attrae l’attenzione la gran massa del Sassalbo. Si intuisce anche come un tempo il ghiacciaio dello Scalino scaricasse molta parte delle sue forze verso Poschiavo: difatti la testata della Val Poschiavina è stata praticamente mozzata, le rocce sono lisciate e modificate dal ghiacciaio e sulla destra si vede molto come le morene sottostanti il Canciano tentano molto più verso Poschiavo che verso la VaI Poschiavina.

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POSTAZIONE 7 - Quota 2660
Ci troviamo su quella zona di dossi e sellette non ben identificabili che fanno da antemurale alla facile cresta che sale verso il M. Spondascia Si ha una visione quasi completa del versante orografico destra della Val Poschiavina la fascia di serpentine, più sopra la fascia di serpentine metamorfosate per contatto rese terrose, il festone di rocce biancastre e più sopra il corno delle Ruzze e la cresta delle Ruzze con le sue due tipiche sommità. Sullo sfondo si vede la C. Fontana, dietro il Pizzo Veruna e poi il Palù, il BeIlavista, lo Zupò, l’Argient, lo Scerscen, il Roseg, il Sella, il ghiacciaio di Fellaria occidentale con la sua lingua, la grande seraccata del Fellaria orientale Si vede anche la sommità dello Scalino con gran parte del ghiacciaio, i colletti tra la punta e la spalla e tra la spalla e la C. di Val Fontana.

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testo di Eliana e Nemo Canetta