FALESIA DELLA ZOIA

Campo Moro, Valmalenco, Sondrio, 2200 m.

Per parlare della Zoia, bisogna tornare al 1993, quando in un giorno d’estate il nostro amico Massimo Bruseghini Vigne si trovò in uno delle sue rare giornate e dì scarico, a passeggiare per i sentieri dell'alta Valmalenco e più precisamente sul sentiero che da Campo Moro sale verso l'Alpe Campagneda.
Fu così che giunse sotto un bellissimo muro, leggermente strapiombante di serpentino compattissimo, ricco di fessure oblique e orizzontali, che stimolarono la sua fantasia. Attraverso la squillante suoneria del mio telefono, la sera successiva mi ritrovai immerso nei progetti accattivanti di Vigne rispetto a quel muro appena scoperto. Mi convinse a seguirlo il giorno dopo armati di corde e nuts verso quel magnifico serpèntino.
Dopo le prime visite, e le prime prove di linee, la settimana successiva eravamo gia equipaggiati con trapano e spit. Con una forte e incontenibile motivazione, nel giro di qualche giorno cominciarono a nascere vie di rara bellezza gestuale come "Zeke the Renegade” e la “ditosa'” “Illusion”, per poi rilassarsi sulla piacevole "Gete Bepe”. Le settimane passarono in fretta e le linee più evidenti erano ormai tutte attrezzate, così i nostri sguardi cominciarono a volgere verso sinistra, dove un variegato strapiombo ci stava aspettando. Qui la chiodatura diventava più difficoltosa; “consultando" le varie tecniche possibili e coinvolgendo Gino Notari con la sua esperienza, arrivò il mese di novembre durante il quale ci ritrovammo a piantare gli ultimi spit con il gelo e la neve in agguato. Riuscimmo a far nascere "Protronica", un 8a che con i suoi traversi a destra e a sinistra, le sue compressioni e le ditate finali, mise a dura prova la forza e la raffinata tecnica di Vigne che riuscì a liberarla prima che l'inverno giungesse.
Ritornammo in quei luoghi la primavera successiva, armati ancora di trapano e spit, per esplorare un settore più basso, dove un muro più strapiombante e più alto ci suggerì nuove vie più impegnative. Il pensiero che ci eravamo fatti sul serpentino, divenne così una certezza. "dita e piedi, altrimenti non si sale.
L’estate scorsa, la voglia di tornare alla Zoia si è rifatta sentire e, con un grande ricordo nella mente e nel cuore, insieme a Gino Notari, Matteo Maternini e Fabio Sertore, abbiamo continuato il grande lavoro iniziato da Vigne, intravedendo tra le linee già esistenti del settore alto, altre possibilità che ben presto presero forma. Ci spostammo poi in. un settore nuovo, più centrale caratterizzato da vie un po meno selettive che permettono un'arrampicata motto godibile.
I nostri giorni di ferie erano ormai al termine, ma per fortuna ci mancava solo di sostituire le ormai logore corde alle soste delle vie già esistenti, con le ben più robuste catene permettendo una arrampicata in totale sicurezza, a dispetto delle polemiche Sorte da parte di alcune persone traboccanti di parole ma vuote di fatti.
Ora non manca altro che farvi un invito, carissimi climber, quando l'estate si farà avanti con le sue giornate afose, rendendo l'aderenza un miraggio, venite a sfidare il serpentino e a respirare la brezza alpina d’alta quota, immersi in un paesaggio indimenticabile e un panorama che non ha eguali: state sicuri, non ne rimarrete delusi.
Un ringraziamento a Vigne per averci illuminato, a Gino e alla sua esperienza invidiabile, a Teo, a Fabio, a Biglioli e all’unione che c’è stata, che ha permesso di realizzare tutto ciò, alla Sportiva Lanzada per il contributo economico dato.
                                                                                                                     Germano Miotti